Una proposta che fa molto discutere
di Fabio Trevisan
Fonte:Internet |
L'autore tratta della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e in particolare degli effetti positivi delle scuole single-sex in vari Paesi del mondo. Anche in Europa.
ROMA, sabato, 16 giugno 2012 (ZENIT.org).- Si
fa un gran parlare (giustamente) dell’ “emergenza educativa” e del ruolo
centrale ed insostituibile nell’educazione dei figli da parte dei genitori. La
famiglia, pur riconosciuta dal punto di vista legislativo, rimane però sovente
al di fuori dell’orizzonte politico ed economico e si ritrova a combattere,
quale insopprimibile cellula fondamentale della società, contro ostacoli e
pregiudizi ideologici che la relegano, di fatto, ai margini delle politiche
sociali. In questa drammatica ed innaturale situazione, acuita da altri
deteriori e spesso alternativi “agenti educativi”, diventa assai impegnativa la
libera scelta educativa per una scuola a misura di famiglia.
Cosa significa una scuola a misura
di famiglia ?
Vuol dire una scuola che ponga, con
la dottrina sociale della Chiesa, al centro la verità e la tutela della persona
ed il ruolo inalienabile della famiglia quale primario e necessario corpo
intermedio.
Con questa analisi, suffragata da
numerosi studi scientifici, si vogliono sottolineare i vantaggi di una
formazione differenziata e le peculiarità di un’educazione personalizzata, come
la potrebbe offrire, ad esempio, una scuola single-sex. In questo senso
bisognerebbe confrontare in modo serio e rigoroso i risultati ottenuti dagli
allievi di scuole miste (maschi e femmine) e quelli di scuole differenziate o
single-sex (soli maschi o sole femmine).
Per fare questo basilare e onesto
confronto occorrerebbe sbarazzarsi in fretta di quel corrosivo abito ideologico
che ha permesso, attraverso la rivoluzione sessuale e dei costumi del 1968, la
diffusione generalizzata e scientificamente poco riflessiva delle scuole miste.
Nella realtà, la cosiddetta
emancipazione della donna e l’allargamento delle “pari opportunità”, auspicato
anche attraverso la coeducazione, non ha prodotto buoni risultati, in quanto le
aspettative per coltivare le specifiche differenze maschili e femminili sono
state disattese proprio (riferendosi alla scuola) all’interno delle scuole
miste. Si è coltivata l’idea che la scuola mista potesse essere l’unico modello
educativo valido; non si è valutato, in libertà e verità, come la scuola
differenziata potesse costituire una autentica risorsa per il bene comune della
società e della istituzione familiare.
Non solo, si è voluto imporre un
modello di scuola illiberale proprio perché non si è accolto in pienezza il
pluralismo benefico dei modelli educativi. Non si ha nulla, di per sé, contro
le scuole miste; si vorrebbe solamente produrre uno stimolante confronto con
altre iniziative educative per poter dare la possibilità agli alunni e alle
famiglie di poter scegliere. Da numerosi studi effettuati in alcuni Stati (Gran
Bretagna, Francia, Germania, Australia, Stati Uniti) si evince in modo chiaro
quanto qualitativamente migliore sia l’apprendimento nelle scuole omogenee
rispetto a quelle miste, tanto da far decidere ad alcune significative Nazioni
(ancora Gran Bretagna, Germania, Australia, USA, ma anche Svezia ed Austria) di
indicare a modello educativo la scuola differenziata per genere.
Ad esempio, alcuni anni fa, uno
studio scientificamente accurato realizzato dall’Istituto Pedagogico di Kiel in
Germania, aveva dimostrato il miglioramento dei risultati scolastici nelle
classi single-sex, tanto da far considerare, da parte di un crescente numero di
docenti, pedagogisti e politici tedeschi, che l’insegnamento misto sia stato
uno dei più deleteri errori pedagogici. Clamorosa in tal senso la posizione di
una Deputata tedesca socialista, Heidi Simonis, famosa femminista, che così
affermava: “Dobbiamo disfarci definitivamente del pregiudizio che le ragazze
abbiano bisogno di seguire le lezioni insieme ai ragazzi per non trovarsi
svantaggiate nel lavoro professionale.
Questo è totalmente falso, come lo è
l’affermazione che ragazzi e ragazze imparino a conoscersi meglio stando
insieme a scuola”. Beata sincerità! Persino Der Spiegel , giornale di area
socialista, si chiedeva in prima pagina qualche anno fa, all’indomani di studi
ed inchieste approntate nelle scuole, che: “Costituisce un errore storico
l’insegnamento scolastico congiunto di ragazzi e ragazze?”.
Tale importante domanda, posta
(rammentiamolo) da un giornale non cattolico, non è stata adeguatamente presa
in considerazione e messa, come si sarebbe dovuto, al centro di un
significativo e improrogabile dibattito sull’emergenza educativa e sulla
possibilità di scelta di un libero modello scolastico.
Anche in Gran Bretagna un rilevante
studio condotto dalla International Organisation for the Development of Freedom
Education (OIDEL) ha posto in rilevo l’eccellenza del modello educativo e del
coinvolgimento degli alunni e delle famiglie nelle scuole differenziate. Pure
in Francia si è seriamente iniziato a mettere in discussione la coeducazione
nelle classi miste, soprattutto dopo la pubblicazione di un libro (“Les Piéges
de la mixité scolaire”) del sociologo Michel Fize, nel quale è sostenuta la
tesi critica che indica nella coeducazione la mancata assicurazione
dell’uguaglianza delle opportunità reali.
Negli Stati Uniti è ben noto che
l’Amministrazione Bush nel 2002 derogò alla coeducazione obbligatoria imposta
dalla cosiddetta “Legge 1972” (approvata dall’allora presidenza Nixon),
autorizzando l’apertura delle scuole pubbliche differenziate (Same school sex).
Persino Hillary Clinton, tra i
Democratici, è un’ardente e pubblica sostenitrice dei vantaggi della
separazione dei sessi nella scuola. In Italia il FAES (Associazione Famiglia e
Scuola) è impegnato da molti anni in questa battaglia a favore della libera
scelta educativa, in appoggio alle famiglie ed ai ragazzi, avendo scelto di
proporre l’educazione omogenea, non senza innumerevoli sforzi, quale modello
per la maturazione organica degli allievi. Si potrebbero citare molti altri
studi che, da più parti, sostengono in modo convincente la scuola differenziata
o omogenea; occorre però ribadire che il punto di partenza sta nel prendere
sinceramente atto, contro ogni falso ed ideologico egualitarismo, che uomini e
donne sono naturalmente diversi.
Sono diversi fin dalla nascita, con
ritmi diversi di apprendimento e di maturazione personale. Sono diversi come
sensibilità, come reazione agli stimoli, come modi distinti di percepire e di
vivere il reale. Dinanzi alla diversità innata nulla può l’ottusità dei
pregiudizi; dinanzi agli studi scientifici che attestano la diversità (nobile)
ad esempio dell’intima struttura cerebrale, nulla può lo strepito irrazionale e
banale.
Innumerevoli studi di psicologia
evolutiva, neurologia, genetica mostrano quanto le differenze tra maschi e
femmine non siano create dalla società, ma appartengono alla natura umana, cioè
siano innate.
L’Università di New York, dopo anni
di sperimentazione, ha dimostrato che già fin da piccoli, addirittura i neonati
con 24 ore di vita, reagiscono in modo diverso al pianto di altri bimbi,
secondo che siano maschi o femmine. Altri seri e rigorosi studi ed analisi
scientifiche hanno potuto asserire, contro la cultura del gender, che uomini e
donne si nasce e che uomini e donne sono diversi. Anche il processo di
maturazione è diverso nelle femmine rispetto ai maschi; questo depone ancor più
a favore dell’opzione scuola single-sex.
In una relazione pubblicata nel
2004, la parlamentare svedese Chris Heister, presidente fella Commissione per
lo Studio dell’Educazione, sosteneva che il fallimento del sistema educativo
era dovuto alla scarsa considerazione della reale differenza tra i due sessi,
raccomandando così l’insegnamento differenziato per maschi e femmine.
Laddove l’opzione del modello
educativo è davvero libera e non pilotata ideologicamente, la scelta è
espressamente orientata alla scuola omogenea. Ad esempio, nello stato
australiano del Nuovo Galles del Sud, il più popolato Stato australiano, le
domande di iscrizione alle scuole single-sex sono aumentate in modo
vertiginoso.
Risulta evidente che la sana
passione per l’apprendimento è alimentata laddove i contenuti educativi
considerino le preferenze naturali e oggettive. Maschi e femmine hanno bisogno
di tempi e spazi diversi poiché lo sviluppo naturale, biologico e psichico,
avviene in modo diverso.
A nulla valgono le pretestuose
considerazioni che avallerebbero le scuole miste quale supporto all’equilibrio
emotivo dei ragazzi; al contrario, l’anticipata convivenza coeducativa nella
scuola non migliorano affatto le capacità relazionali e l’equilibrio emotivo.
Proprio perché viviamo in una società estremamente “erotizzata” è quanto mai
opportuna una scuola in cui sia possibile assicurare una formazione
differenziata di ragazzi e ragazze.
Proprio perché ne è in gioco
l’identità personale di maschio e femmina, in una società confusa e
disordinata, c’è bisogno di chiarezza anche su questo punto. Proprio per
favorire un profondo lavoro educativo è necessario che i ragazzi possano
sviluppare in modo autenticamente armonioso la propria personalità, con il coinvolgimento
delle famiglie in prima istanza.
Se la difesa dell’educazione
differenziata e specializzata per sesso ha trovato sostegno anche in esponenti
del femminismo ed in aree geografiche non cattoliche, ciò significa che i
promotori dell’educazione omogenea non sarebbero poi così antiquati e
reazionari, come per lungo tempo si è voluto far credere. Molti insegnanti di
scuole miste hanno testimoniato e si sono lamentati delle perdite di tempo
durante le loro lezioni, causate dalle differenze di criterio nell’apprendimento
e nel modo di pensare di maschi e femmine.
Le ricerche più evolute hanno
verificato che le donne educate in scuole solo femminili sviluppano maggiore
autostima, autocontrollo, competenza e sicurezza. La vera uguaglianza richiede
quindi una pedagogia oculata e differenziata, una educazione personalizzata
dove venga posto al centro, assieme alla famiglia, la persona (sia maschio sia
femmina) con le proprie specificità.
Dal punto di vista legislativo, in
Italia, la libertà di insegnamento è riconosciuta dall’articolo 30 della
Costituzione, ma è risaputo quanti ostacoli (di natura culturale, sociale ed
economica) sono frapposti alla libera scelta educativa da parte delle famiglie.
Anche per l’educazione differenziata non ci dovrebbero essere limiti al libero
esercizio educativo, come recita l’articolo 2 della Convenzione dell’UNESCO,
nel quale si cita come non discriminante il mantenimento di centri di
educazione che separano gli alunni di sesso maschile da quelli di sesso
femminile, sempre nel rispetto dell’uguaglianza di opportunità.
Di fatto le famiglie soffrono anche
in merito alla scelta educativa, che, seppur garantita sulla carta, rimane
lontana nei fatti. Allo Stato spetterebbe garantire la libera scelta dei
genitori (scuola statale e non, scuola mista e scuola omogenea, ecc.), i quali
potrebbero e dovrebbero esercitare il proprio improcrastinabile ruolo di
principali educatori dei figli.
La centralità della persona, i
principii complementari di solidarietà e sussidiarietà riconosciuti e
valorizzati dalla Dottrina sociale della Chiesa attengono anche alla libera
scelta educativa della scuola ed al coinvolgimento essenziale delle famiglie.
Siamo tutti chiamati a favorire e
sviluppare un efficace pluralismo educativo, affinché le famiglie e gli allievi
possano esercitare ciò che a loro spetta: un autentico diritto allo sviluppo
armonioso delle virtù per concorrere al bene comune, cioè al bene integrale di
tutte le persone e di tutta la persona (maschio e femmina).
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